La Chiesa apre ai gay? Le speranze degli omosessuali
Articolo di Paolo Salvatore Orrù tratto dal sito notizie.tiscali.it del 13 novembre 2013
Papa Bergoglio, in vista del Sinodo sulla Famiglia convocato per il prossimo ottobre, ha chiesto ai suoi fedeli, per la prima volta nella millenaria storia della Chiesa, di esprimere attraverso un questionario qual è il loro pensiero su contraccezione, coppie di fatto, etero e gay, comunione ai divorziati risposati. Lo ha fatto, perché desidera capire come nel prossimo futuro dovrà essere annunciato il Vangelo e per raccogliere proposte che possano rendere più adeguata la Chiesa alle mutate necessità del suo gregge. L’iniziativa di Francesco è stata accolta con stupore, interesse e speranza dagli omosessuali. (Pdf documento)
“Mai ci saremmo aspettati che in un documento ufficiale della chiesa cattolica si parlasse di noi in termini neutri e senza accenni di condanna”, spiega Andrea Rubera, 47 anni, presidente di Nuova proposta, l’associazione di cristiani omosessuali della Capitale.
Nel documento si parla “finalmente” di unioni e di genitori omosessuali, ma con un distinguo che preoccupa: “Si parla di noi solo come adottanti, quando è ormai noto che molte famiglie omogenitoriali hanno figli propri, frutto di precedenti unioni eterosessuali o perché i figli sono nati con la procreazione medicalmente assistita”, commenta ancora Rubera. Le attese sono tante.
“Quello che io mi aspetto dal Papa e dal sondaggio è che si prenda coscienza dell’esistenza di coppie gay, spesso con figli, che non trovano collocazione nel cuore della Chiesa: nelle comunità parrocchiali non si parla né di famiglie gay né dei figli degli omosessuali”, spiega ancora il presidente di Nuova proposta.
Praticamente sinora per le autorità ecclesiastiche questi erano argomenti tabù. “Finché sei single, finché non hai un compagno sei più o meno ben accetto, ma quando ventisette anni fa ho deciso di far coppia con Dario (siamo entrambi credenti) non abbiamo più avuto cittadinanza nei percorsi di fede”. Un esempio? “Non possiamo partecipare ai corsi prematrimoniali: non perché c’è un divieto, ma perché le coppie gay sono semplicemente considerate invisibili”. Andrea e il suo compagno Dario, i papà di una bambina di due anni, battezzata, molto spesso si interrogano su quale debba essere il percorso di fede della loro famiglia . “A noi la fede ha dato molto, ma non capiamo cosa possa dare alla bambina”, dice Andrea.
Tutte le coppie gay temono l’impatto che la religione potrebbe avere sulla salute psicofisica dei loro figli. “Un bimbo figlio di omosessuali che si trovi a frequentare lezioni di catechismo potrebbe sentire negato da un catechista la possibilità che una famiglia possa essere composta da due papà piuttosto che da due mamme: questo è un rischio che non vogliamo correre”, commenta ancora Rubera. La comunità dei credenti deve trovare una soluzione, ma la chiesa avrà il coraggio di scrivere una “pastorale” che sia veramente inclusiva di ogni tipo di famiglia? Riuscirà anche con questo sondaggio a creare nuovi percorsi senza lasciare fuori dalla porta una parte di credenti? “Nessun parroco caccerà dalle parrocchie gli omosessuali, ma nessuno vorrebbe mai stare là dove non è benvisto”.
La chiesa dovrebbe “guardare anche gli omosessuali con gli occhi del cuore”, invece molto spesso gli guarda come “una categoria della morale o dell’etica”. Per Giuseppina La Delfa, lesbica, presidente delle famiglie Arcobaleno, l’impatto con l’argomento è meno doloroso. Per lei, laica, atea, madre di due figli (uno partorito da lei, l’altro dalla sua compagna con la procreazione medicalmente assistita), la decisione del Papa ha un valore puramente simbolico. “Molti gay e molti transessuali sono cattolici, per questo sono spesso dispiaciuti per la discriminazione che la chiesa ha da sempre attuato nei loro confronti”. Tuttavia, anche La Delfa è sorpresa dal coraggio del Papa, perché ha riconosciuta “l’esistenza di nuove famiglie”.
La presidente critica però il documento nella parte in cui cita esclusivamente le coppie con figli adottati, mentre nella maggioranza dei casi le coppie hanno figli propri avuti con l’aiuto dell’inseminazione eterologa: una pratica che la chiesa ha sempre detto di non condividere”. Come la chiesa deve accogliere questi figli? “Questa è la domanda cui la chiesa deve rispondere, da questa risposta si capirà qual la sua effettiva volontà”.
La Chiesa si è comunque mossa. E lo stato italiano? “Sarebbe molto triste se all’iniziativa papale non corrispondesse un uguale interesse da parte delle istituzioni, altrimenti saremo ancora una volta a scrivere che i nostri parlamentari dipendono dalla curia romana” argomenta La Delfa.
Se così fosse, vorrebbe dire che non c’è un dibattito maturo, laico civile su queste questioni: “Il legislatore deve saper interpretare qual è l’interesse del cittadino. E non essere appeso al pensiero della curia: in Francia la chiesa è molto rispettata, ma il suo potere politico non può intromettersi nell’ambito della politica”, conclude La Delfa.
La Chiesa vuole effettuare un aggiornamento della pastorale, “per capire qual è la reale situazione dei cristiani ovunque essi siano”, commenta il vaticanista Luigi Accattoli, “anche nelle situazioni più irregolari dal punto di vista del diritto canonico”. Molti gay sono battezzati che chiedono aiuto alla chiesa, “implorano i sacramenti, domandano di poter mandare i propri figli al catechismo: tutte esigenze che meritano una risposta”, situazioni che Francesco “vuole affrontare” spiega il vaticanista.
Quella del Papa deve essere considerata un’apertura? “E’ senza dubbio un’apertura di atteggiamento, se a questo seguirà anche una trasformazione delle norme del diritto canonico ancora non si sa”. Di sicuro, la curia vuol “correggere l’impressione di una condanna sistematica, a priori dei gay” conclude Accattoli. Solo il sinodo convocato per ottobre 2014 darà una risposta definitiva a quest’argomento.