La comunità LGBT vista da una donna immigrata, musulmana e queer
Articolo di Alia E. Dastagir pubblicata sul sito di USA TODAY (Stati Uniti) il 1 giugno 2017, libera traduzione di Silvia Lanzi
“Credo che il concetto di coming out sia qualcosa di profondamente occidentale“, mi dice Charania. Moon Charania ha incontrato la sua compagna, madre in seconda di sua figlia quattordicenne, al Pride 2010, in un “grazioso bar lesbico” che per lei rappresenterà sempre “il potere degli spazi queer e quello degli spazi delle donne“. Ricorda con piacere questi posti, anche se teme che cambino e non ospitino tutte più le persone queer, soprattutto quelle che ne hanno più bisogno. Questa è la sua storia
L’INIZIO. Charania è nata in Pakistan, ma verso la fine degli anni 80, lei e la sua famiglia si trasferirono ad Atlanta. Negli Stati Uniti finì il liceo e frequentò il college, sposò un uomo pakistano ed ebbe una bambina.
IL COMING OUT. Charania fece coming out dopo dieci anni di matrimonio, mentre studiava per un dottorato alla Georgia State University. Le ripercussioni furono notevoli e i contatti con la sua famiglia d’origine si interruppero.
“Penso che i coming out siano profondamente complessi e il racconto che se ne fa non rispecchia a pieno questa loro complessità” . “Credo che il coming out si complichi se sei una persona di colore, fuori dal contesto statunitense, sei un immigrato, nel mio caso una pakistana, e per di più musulmana. Credo che quello che mi ha dato forza, specialmente quando ero ancora una giovane madre, fosse il fatto che avessi un vocabolario femminista molto radicato e sviluppato e una comunità che mi ha sostenuto emotivamente e mi ha supportato mentre cercavo di capire cosa significasse essere una donna queer di colore negli Stati Uniti”.
Charania, docente di studi internazionali allo Spelman College diAtlanta, dice che sia lei che il suo ex-marito si prendono cura di loro figlia e che sono rimasti buoni amici. Quando Charania ha fatto coming out le sue colleghe queer e femministe le sono state molto vicine, ma, nella sua comunità, era l’unica persona queer di colore.
“Ora che mi sono trasferita nella comunità queer di Atlanta, e penso che uno dei difetti che ho notato nei dieci anni passati sia la profonda segregazione tra la comunità queer bianca e quella di colore“.
COLMARE IL DIVARIO. Per cominciare, dice Charania, la comunità queer bianca deve affrontare il suo stesso razzismo. “Credo che ci sia una resistenza reale, anche tra i bianchi di sinistra, a pensare criticamente al perché le loro comunità, i loro circoli sociali, quelli sessuali e quelli emozionali non siano così diversi dalla loro retorica. Cosa significa dire di sostenere le persone di colore, senza averne una nei propri circoli?”
LA QUESTIONEA DEGLI SPAZI QUEER. Quando Charnia aveva iniziato a frequentare spazi queer per la prima volta, era orgogliosa di far parte del dinamismo e della “sensualità di cui ormai erano privi gli ambienti normativi eterosessuali”. Ma, frequentandoli con maggior assiduità, si era resa conto che molti erano a disposizione solo di un certo tipo di persone queer – quelle bianche e danarose.
“Un paio di noti bar gay di Atlanta che frequentavo quando andavo al college, ora hanno solo avventori bianchi”, “Anche se negli Stati Uniti siamo diventati ‘più ben disposti’ nei confronti dei gay, c’è comunque una categoria di persone LGBT più attraente e appetibile, il ‘buon cittadino’. E questa è una tendenza molto preoccupante“.
COME APPOGGIARE LE PERSONE QUEER DI COLORE. “Ecco qualcosa su cui riflettere profondamente”, afferma Charania. Ecco alcune sue domande: “Chi è la mia comunità?; Come l’ho creata?; Cosa vuol dire per me ripensare al modo in cui l’ho formata e come può entrarci una persona nuova?; Come mi occupo degli spazi pubblici?”.
LA SUA FRUSTRAZIONE. Charnia trova che il Pride è progressivamente diventato una celebrazione corporativa del buon cittadino LGBT (bianco e borghese), e ha cancellato violentemente la narrativa delle persone queer e dei trans di colore. Ha notato anche che gli spazi queer escludono i più vulnerabili in un modo che trova profondamente disturbante. “Questa corporativizzazione del Pride ha effetti profondamente violenti sulle persone queer e sui trans di colore”
LA SUA SPERANZA. Charania vorrebbe che ci fosse più gente in grado di capire la lezione dei movimenti LGBT per la libertà, che potrebbero davvero essere efficaci.
“Negli Stati Uniti c’è sempre questa profonda intersezionalità nella lotta queer, in particolare nel sud. Non siamo mai stati solo un movimento per i diritti sessuali. Ma appoggiamo le battaglie contro la povertà, il militarismo, la guerra e la violenza di stato – e (ri)trovare queste radici sarebbe un’assoluta rivelazione per il Pride“.
Testo originale: What it’s like to be an immigrant, Muslim and queer