La guerra contro Papa Francesco. Le resistenze della Curia Vaticana
Articolo di Andrew Brown pubblicato sul sito del quotidiano The Guardian (Gran Bretagna) il 27 ottobre 2017, quarta parte, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Così come sta affrontando i praticanti della Messa in latino, così Francesco ha sferrato un’ampia offensiva contro la vecchia guardia in Vaticano. Cinque giorni dopo la sua elezione convocò il cardinale honduregno Óscar Rodríguez Maradiaga per farne il coordinatore di un gruppo di nove cardinali incaricati di fare piazza pulita. I nove vennero scelti per la loro energia e per essere tutti stati ai ferri corti con il Vaticano. Fu una mossa molto popolare.
Giovanni Paolo II negli ultimi dieci anni della sua vita fu sempre più impedito dal Parkinson e le sue energie non venivano spese in lotte burocratiche. La Curia (com’è conosciuta la burocrazia vaticana) divenne sempre più potente, immobile e corrotta; pochissimo veniva fatto contro i vescovi che coprivano i sacerdoti pedofili; la banca vaticana era tristemente famosa per i servizi di riciclaggio che offriva; il processo di canonizzazione dei santi (Giovanni Paolo II ne ha proclamati una quantità senza precedenti) era divenuto un traffico enormemente costoso (il giornalista italiano Gianluigi Nuzzi ha stimato un costo di 500.000 per un’aureola); le finanze stesse del Vaticano erano in uno stato pietoso. Francesco infatti ha fatto riferimento a “un flusso di corruzione” nella Curia.
Il putridume della Curia era ben conosciuto, ma nessuno ne parlava pubblicamente. A nove mesi dalla sua elezione il Papa disse a un gruppo di suore “nella Curia ci sono anche persone sante, davvero, ci sono persone sante”: la rivelazione consisteva nel fatto che pensava che le buone suore sarebbero rimaste scioccate nell’apprenderlo. La Curia “vede e cura gli interessi del Vaticano, che sono ancora, in gran parte, interessi temporali. Questa visione Vaticano-centrica trascura il mondo che ci circonda. Non condivido questa visione e farò di tutto per cambiarla”, dichiarò al quotidiano italiano La Repubblica: “I Capi della Chiesa spesso sono stati narcisi, lusingati e malamente eccitati dai loro cortigiani. La corte è la lebbra del papato”.
“Il Papa non ha mai detto niente di buono sui preti” dice un sacerdote il quale non vede l’ora che il Papa muoia: “È un gesuita anticlericale. Era così già negli anni ‘70. Dicevano ‘Non chiamarmi padre, chiamami Gerry’ – che schifo – e noi, i preti di parrocchia trattati come nullità, sentivamo che ci toglievano il terreno da sotto i piedi”.
Nel dicembre 2015, nel tradizionale discorso di Natale alla Curia, Francesco non ha avuto peli sulla lingua: li ha accusati di arroganza, “Alzheimer spirituale”, dell’”ipocrisia tipica del mediocre e del progressivo vuoto spirituale che lauree o titoli accademici non possono colmare”, di vuoto materialismo, di assidui pettegolezzi e maldicenze; non certo il genere di cose che si vorrebbero sentire dal proprio capo alla festa dell’azienda.
Tuttavia, dopo quattro anni di pontificato, la resistenza passiva del Vaticano sembra aver trionfato sull’energia di Francesco. Nel febbraio di quest’anno, durante la notte sono comparsi alcuni manifesti nelle strade di Roma che chiedevano “Francesco, dov’è la tua misericordia?” e lo attaccavano per come aveva trattato il cardinal Burke. L’iniziativa può essere dovuta solamente a elementi vaticani dissidenti e sono le manifestazioni esteriori di un cocciuto rifiuto di cedere potere e privilegi di fronte ai riformatori.
Testo originale: The war against Pope Francis