Lo sterminio degli ebrei e i “silenzi”, di ieri e di oggi, della chiesa cattolica

Il problema storico del rapporto tra chiesa cattolica con nazismo e fascismo è sempre più dibattuto, specie in questo momento in cui si sta svolgendo il processo di santificazione del papa Pio XII che regnò durante la seconda guerra mondiale.
Il particolare si analizzano gli atteggiamenti del Vaticano nei confronti delle leggi razziali e dello sterminio degli ebrei.
Tutti riconoscono, naturalmente, che molti fedeli laici e religiosi, si mossero con carità e rischiarono la vita – e talvolta la persero- per aiutare i perseguitati dal nazismo e dal fascismo. Due santi – Geltrude Stein, suora carmelitana di famiglia ebraica, e Massimiliano Kolbe, frate francescano – morirono nei campi di concentramento nazista.

Ma questo non cambia il quadro generale dei fatti: la gerarchia cattolica nel suo insieme, la Santa Sede, il papa stesso manifestarono la loro condanna pubblica, quando ci fu, in maniera così allusiva e diplomatica da risultare incomprensibile al popolo dei fedeli.
Proprio su questi temi storici, tornati ancor più di attualità dopo l’accoglienza di papa Ratzinger a vescovi lefevriani negazionisti, ha scritto un chiaro e sintetico saggio lo storico Renato Moro, che, con grande equilibrio e rispetto per tutte le fonti, esamina i dilemmi, le scelte, le contraddizioni, le motivazioni profonde che percorsero la chiesa cattolica in quel periodo.
Inoltre possiamo trarre forse qualche riflessione sui “silenzi” (per non dire peggio) del Vaticano sulla omofobia e su altre questioni pubbliche ( non tutte, solo alcune !): naturalmente la dimensione dei problemi e delle responsabilità non è commensurabile con l’olocausto – in cui, per altro, morirono anche molti gay – , ma la logica è sempre la stessa : il lupo perde il pelo ma non il vizio.
Le tradizioni antisemite cristiane
Il primo problema che Mori affronta è la tradizione antiebraica cristiana (il perfido popolo deicida) e il suo ruolo di appoggio nell’antisemitismo nazista. Giovanni Paolo II nell’ occasione del giubileo del 2000 ha chiesto perdono per i peccati della chiesa contri i fratelli ebrei, e non c’è dubbio che fino al concilio vaticano II la chiesa cattolica non era certo aperta al dialogo con ebrei, visti come ostinati negatori della divinità di Gesù.
Ma l’antisemitismo cristiano è, sostanzialmente, religioso ( gli ebrei si devono convertire) non basato sul concetto di razza come nell’ideologia nazista-fascista. E’ una differenza importante. Ma le tradizioni antisemite cristiane hanno sicuramente rallentato e attenuato una condanna della chiesa di fronte alle leggi razziali.
La Santa Sede sembra essere più preoccupata della difesa degli ebrei convertiti al cristianesimo – considerati dai nazisti e dai fascisti appartenenti alla razza ebraica anche se di religione cristiana – che non alla difesa dei diritti dell’uomo in sé.
La Santa Sede sapeva e ha taciuto
Con lo scoppio della guerra (1 settembre 1940) e l’invasione nazista della Polonia. lo sterminio degli ebrei diventa un crimine inaudito per dimensioni (alla fine si valutano 6 milioni di morti) e modalità (non viene risparmiato nessuno: bambini, donne, malati vecchi).
La Santa Sede sapeva? Sicuramente aveva informazioni precise, ad esempio dal clero polacco e da tante altre fonti, ma scelse un atteggiamento di neutralità, cioè non condanna pubblicamente lo sterminio.
Molti cristiani, inclusi clero e suore, si impegnano concretamente per proteggere e salvare ebrei e perseguitati, ma molti rimasero incerti o indifferenti.
Si fa notare che a Roma tra il 43 e il 44 erano cento i conventi femminili (su un totale di 1120 presenti) e cinquantacinque gli istituti maschili, incluse 11 parrocchie (su un totale di 150 istituti e centinaia di parrocchie) che nascondevano ebrei e perseguitati: in numero se non irrisorio, certo limitato.
Ma soprattutto colpiva (e colpisce) il silenzio della gerarchia e del papa.
Chiesa istituzionale e chiesa profetica
Pio XII aveva consapevolezza delle critiche a cui si esponeva con i suoi silenzi? Sicuramente sì. Ma era preoccupato – egli afferma – di non aggravare, con interventi ufficiali, la situazione per le vittime.
“Il papa non può parlare. Se parlasse sarebbe peggio” “ Forse la mia protesta solenne avrebbe procurato a me una lode del mondo civile, ma avrebbe procurato ai poveri ebrei la persecuzione anche più implacabile di quella che soffrono” sono parole riportate da udienze private del papa nel ‘43.
Questo è l’argomento che anche oggi viene utilizzato dai difensori del papa: se avesse parlato sarebbe stato peggio, anche se è difficile immaginare qualcosa di peggio di quello che stava accadendo agli ebrei nel 43.
Ovviamente è un argomento che non può essere confermato o smentito, non sapremo mai se è una auto giustificazione che nasconde paura ( Hitler aveva minacciato di occupare il Vaticano), preoccupazione per gli interessi della chiesa, in particolare della chiesa cattolica tedesca, o accondiscendenza.
Infatti Pio XIII, da nunzio a Berlino aveva promosso il concordato con Hilter appena salito al potere nel 1933, dando al nuovo regime nazista una patente di rispettabilità; e del resto la chiesa cattolica aveva già sottoscritto concordati con Mussolini e con Franco.
Sicuramente Pio XII era fortemente turbato dagli eventi, compartecipe dei disastri che colpivano l’Europa. Per altro i silenzi di Pio XII sull’olocausto sono sostanzialmente continuati anche dopo la caduta del nazismo e del fascismo.
Forse la sua formazione diplomatica, la tradizione e la mentalità della chiesa volta a difendere le proprie strutture istituzionali hanno offuscato la percezione del momento, della sua gravità e delle responsabilità che esso comportava.
Sembra apparire, anche in questa circostanza storica, la divisione tra chiesa istituzionale e chiesa profetica. L’istituzione deve sottoscrivere compromessi, mediare con i poteri, anzi affermarsi come potere, un ruolo sicuramente poco evangelico.
Sono attualissime le parole delle scrittore cattolico François Mauriac, premio Nobel per la letteratura, che nel 1951 scriveva: “Se abbiamo salvato l’onore noi cattolici ne andiamo debitori all’eroismo e alla carità di molti vescovi, preti e religiosi, verso gli ebrei braccati, ma non abbiamo sentito il conforto di sentire il successore del Galileo, Simone Pietro, condannare con parola netta e chiara, e non con allusioni diplomatiche, la crocifissione di questi innumerevoli “fratelli del Signore”; “ forse il silenzio del papa e della gerarchia altro non era che un ripugnante dovere; si trattava di evitare sciagure peggiori”
“ Ciò non toglie che un crimine di tanta ampiezza ricada in parte non indifferente su tutti i testimoni che hanno taciuto, quali siano le ragioni del loro silenzio”.
Qualche riflessione oggi
Dopo il Concilio e la richiesta di perdono da parte di Giovanni Paolo II, l’antisemitismo da parte della chiesa cattolica si spera per sempre debellato, nonostante reticenze e recenti arretramenti.
Continuano invece i silenzi del Vaticano: scandalosa l’accondiscendenze – o il silenzio “diplomatico” – nei confronti della dittatura dei generali in Argentina e di quella di Pinochet in Cile.
Anche nei confronti dell’omofobia la chiesa cattolica è silenziosa: ritorna la condanna delle “ingiuste discriminazioni” ( ahimè! la stessa espressione usata spesso durante le leggi razziali fasciste): attenti! NON “tutte le discriminazioni”, lasciando intendere che ci sono discriminazioni giuste.
Infatti il rappresentate della Santa Sede all’ O.N.U. non ha esitato a esprimere la sua decisa opposizione alla risoluzione per depenalizzare l’omosessualità, e in Italia più di un vescovo , ad esempio quello di San Marino-Moltefeltro, ha condannato la proposta di legge contro l’omofobia, che è stata bocciata solertemente da centrodestra e UDC, con la solita Binetti.
Renato Moro, La chiesa e lo sterminio degli ebrei, Bologna, Il mulino, 2009, pag. 207, euro 12
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