L’omosessualità. Il segreto di mio figlio
Testimonianza n.19 di Galina, una madre ucraina con un figlio gay, tratta da Tell it out (Dillo ad alta voce), libro di testimonianze di genitori con figli LGBT+ di tutta Europa realizzato da ENP – European Network of Parents of LGBTI+ Persons (Rete Europea di Genitori di Persone LGBTI+) con il supporto editoriale della Tenda di Gionata ed il contributo del Consiglio d’Europa, pubblicato nel 2020, pp.35-36, liberamente tradotta da Diana, revisione di Giovanna e Giacomo Tessaro
Abbiamo atteso a lungo nostro figlio, e alla sua nascita sia io che mio marito siamo rimasti travolti dall’amore di genitori. Lo viziavamo, ed eravamo pronti a tutto per lui. All’età di due anni i dottori gli diagnosticarono una lieve forma di paralisi cerebrale infantile. Passammo parecchio tempo consultando diverse cliniche, alla ricerca di altri dottori e di metodi di cura. Alla fine, mio figlio rimase zoppicante.
Così, fin dall’inizio, mio figlio era diverso dagli altri, e quanto per gli altri era semplice e normale, per lui rappresentava un ostacolo. Lo notavamo, ma non era così importante, facevamo del nostro meglio per aiutarlo, e il fatto che il suo comportamento fosse differente rispetto a quello dei suoi amici e compagni ci pareva naturale.
Non lo presi dunque sul serio quando mi disse, a 15 anni, di essere gay. Pensavo che fossero sciocchezze da adolescente, tentativi di “essere alla moda”, che la cosa si sarebbe risolta da sola. Per un po’ rimase un segreto fra me e mio figlio, poco dopo anche suo padre lo venne a sapere, e pensò anche lui che si trattasse di una specie di scherzo.
Fu un colpo quando ci fu la rivelazione: il ragazzo che amava e con cui viveva in un appartamento in affitto lo lasciò (noi pensavamo che dividesse l’appartamento con una ragazza!). Una tragedia nella vita di nostro figlio si svolgeva davanti ai nostri occhi. Naturalmente lo riprendemmo a casa, e cercammo di sostenerlo.
Nel frattempo un’ondata di panico e di dolore cresceva dentro di me. Mi venivano in mente le solite cose: cosa farà, sarà solo, e l’AIDS, e i nipoti, cosa è andato storto, dove ho sbagliato? E poi c’erano tutte le domande della gente: ha la ragazza? Perché non si sposa? Naturalmente io pregavo di continuo, cercavo di parlargli, di leggere informazioni. Speravo che tutto sarebbe migliorato col tempo. Non fu così, divenne sempre più difficile affrontare la situazione e spesso, quando ero sola, piangevo disperatamente.
Presto nostro figlio cominciò a frequentare un nuovo ragazzo, che viveva vicino a noi. Lo accettammo, e li aiutavamo ogni volta che c’era necessità. Sebbene non approvassimo la scelta di nostro figlio, osservavamo il suo amore per lui, la gentilezza e la premura fra di loro, e questo ci tranquillizzava.
Presto cominciai a dire la verità ai nostri amici e parenti. Non a tutti, certo, ma a quelli di cui mi fidavo. All’epoca ero molto stanca delle solite domande. Mi aiutava parlarne, ma mio figlio mi disse con calma: “Mamma, perché lo dici agli altri senza chiedere a me?”. Mi vergognavo, perché stavo solo pensando ai miei sentimenti, non ai suoi!
Eppure, d’altra parte, notai che dire la verità non cambiava nulla nelle relazioni con la mia famiglia, gli amici, le persone che amavamo e rispettavamo. Il loro atteggiamento era sempre lo stesso, ed ora che tutto era alla luce del sole, senza nulla da nascondere, per me divenne molto più semplice sopportare il dolore e condividerlo con gli altri.
Ma la cosa più importante per me, madre di un figlio gay, accadde tre anni or sono, quando scoprii TERGO, un’associazione di genitori, e chiesi il permesso di farne parte. Le madri di questa organizzazione, con un’esperienza simile alla mia, mi accolsero, mi ascoltarono, piansero con me, mi invitarono alle loro riunioni ed eventi.
Non capisco come successe: in qualche modo il dolore si curò da solo in breve tempo, la vergogna sparì, e le relazioni in famiglia cambiarono. All’inizio avevo paura a partecipare ad eventi pubblici, farmi fotografare, rilasciare interviste. Ma anche questo timore è sparito, e adesso, senza esitare, partecipo alle Marce per l’Uguaglianza a Kiev e a riunioni pubbliche.
In questi tre anni sono cambiata molto, e i miei amici e la mia famiglia lo hanno notato. Cosa ancora più importante, ci sono stati cambiamenti positivi nella vita di mio figlio. Ora ha un nuovo lavoro interessante. Da più di un anno ha incontrato il vero amore, un compagno intelligente e premuroso. Gli amici di mio figlio (gay, lesbiche, bisessuali) sono contenti di incontrarmi.
A volte penso che l’omosessualità di mio figlio abbia cambiato drasticamente la mia vita. Da quando ho aderito alla comunità di genitori con figli LGBT, ho incontrato tante persone incredibilmente interessanti, piene di talento, intelligenti. Non ne avevo mai incontrate prima in vita mia! Grazie a TERGO ho visitato diverse regioni e città dell’Ucraina, e ora sono pronta a rispondere a domande difficili, sono fiduciosa e sono contenta di essere cresciuta come madre di un figlio gay.
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