Miracoli quotidiani. Morte e vita di un arabo e di un ebreo
Articolo di Alain Marchadour pubblicato dal sito del settimanale cattolico La Croix” del 12 giugno 2008, tradotto da finesettimana.org
Dei giovani israeliani, stavano annegando, portati via dalla corrente. Il più giovane dei figli di un arabo, benché mediocre nuotatore, si getta in acqua per salvarli senza esitare. Riporta a riva un primo ragazzo e ritorna per soccorrerne un secondo, ma… L’attualità della terra santa ci presenta regolarmente degli avvenimenti in cui degli ebrei muoiono sotto le pallottole palestinesi e i palestinesi sotto i missili israeliani. Questa piccola storia forse non diventerà argomento d’attualità ma ci ricorda che un altro mondo è possibile, basta volerlo.
Accanto a Sant’Anna, la residenza dei Padri Bianchi di Gerusalemme, abita un parrucchiere. Abou Alì è musulmano praticante, padre di sei figli. Due anni fa, in un periodo in cui la seconda Intifada (detta el Aqsah) provocava violenze ed omicidi, avvenne un fatto passato inosservato eppure straordinario. Che coinvolgeva due figli di Abou Alì ed alcuni giovani ebrei di origine russa.
I due giovani musulmani, prima del loro matrimonio, avevano voluto andare a festeggiare a Jaffa, in riva al mare. Mentre passavano una serata allegra fra amici, sentirono tutto ad un tratto delle grida: “Aiuto! Aiuto!”. Dei giovani israeliani, ebrei di origine russa, stavano annegando, portati via dalla corrente. Il più giovane dei figli di Abou Alì, benché mediocre nuotatore, si getta in acqua senza esitare. Riporta a riva un primo ragazzo e ritorna per soccorrerne un secondo. Ma aveva sopravvalutato le sue forze ed annega.
Questo fatto di cronaca ha colpito due famiglie, che nulla avrebbe dovuto avvicinare. I genitori dell’adolescente ebreo non sapevano come ringraziare la famiglia del giovane arabo. Propongono un incontro a casa sua.
Ma il famoso muro costruito attorno a Gerusalemme impedisce loro di accedere al villaggio arabo dove vive Abou Alì con la sua famiglia. Gli israeliani allora propongono un’altra soluzione: ritrovarsi in un ristorante della Città Vecchia, accessibile sia agli Israeliani che ai Palestinesi.
Ci tengono a fare la conoscenza con la famiglia del loro salvatore e ad esprimerle la loro riconoscenza. Questa volta è l’arabo che rifiuta, dicendo che non vuole che quegli israeliani, senza dubbio poveri come lui, si rovinino in folli spese.
Padre Thomas, che mi ha raccontato questa storia rimasta confidenziale, racconta la reazione sorprendente del padre, musulmano fatalista, certo che suo figlio ha trovato la felicità in cielo.
“Sa, gli ha detto Abou Alì, sarebbe stato peggio per me se mio figlio, sentendo chiamare aiuto, non avesse fatto nulla per impedire che quel giovane morisse.”
L’attualità della terra santa ci presenta regolarmente degli avvenimenti in cui degli ebrei muoiono sotto le pallottole palestinesi, e dei palestinesi sotto i missili israeliani.
La storia del figlio arabo che ha salvato un ebreo dell’annegamento ed è morto per aver voluto salvarne un secondo non è diventata argomento d’attualità. Eppure questo potrebbe prefigurare un altro mondo, che certi persistono a considerare utopico.