Per il gay cattolico Arino l’omosessualità è “un’offesa”. Parliamone
Articolo pubblicato su France-Antilles (Francia) del 25 maggio 2013, introduzione dei webmaster di Gionata, liberamente tradotto da Sonia L.
Spesso molte persone gay e lesbiche credenti fanno propri i tanti pregiudizi che respirano, che la società e le chiese gli rovesciano addosso, arrivando così a negarsi la possibilità di amare e di sentirsi amati.
Nelle parole di questo cattolico omosessuale francese non si può fare a meno d’intravedere la sofferenza e le certezze dietro cui, molti credenti glbt, nascondono il fatto di non riuscirsi ad accettarsi così come Dio li ha voluti. E tu quanto ti riconosci nelle parole piene di certezze di questo cattolico gay che considera “il desiderio omosessuale come un’offesa, una sofferenza e anche una violenza”? Parliamone.
«C’È BISOGNO DELLA DIVERSITÁ PER POTER AMARE?»
Professore di spagnolo, saggista, cronista, cattolico e….. omosessuale, Philippe Arino è l’autore di “L’homosexualité en vérité” (oltre al libro “l’omosessualità nella sua verità”, Arino è uno degli aderenti di spicco di La Manif Pour Tous). È andato in Martinica dal 17 al 24 maggio. Durante le conferenze che ha tenuto, ha spiegato perché si oppone al matrimonio tra omosessuali.
Com’è vista la sua omosessualità come cattolico?
Ciò che non è conciliabile è la pratica religiosa e l’omosessualità. Non è l’omosessualità ad essere rifiutata. Le persone che più mi accolgono sono i cattolici. E quelli che più mi attaccano sono gli omosessuali praticanti! Ciò prova molto bene che la chiesa cattolica non allontana le persone omosessuali.
Vuol dire che l’omosessualità non definisce l’identità della persona?
La sola cosa che esiste nell’omosessualità è il desiderio omosessuale. Questo non definisce una persona. Lo spazio «gli uomini» non esiste! E ciò non perché si ha un’attrazione per le persone dello stesso sesso che deve coinvolgere assolutamente. Non è, dunque, necessariamente una pratica, anche se si vuol far credere il contrario. In questo caso, che cosa si fa con l’adolescente, che si sente omosessuale ma che ancora non ha effettuato il passo successivo, quello concreto?
In altra parole, Lei propone l’astinenza?
Si, non perché è la chiesa che me lo chiede, ma perché ho capito che l’atto omosessuale e la coppia omosessuale non sono il «modo migliore» in cui potrei vivere. E non sono il solo a dirlo.
Anche i miei amici che stanno insieme lo dicono. Sanno che questo non è il cammino dove si sentono capiti, felici, raggianti e peni di vita.
Ciò che mi ha fatto aprire gli occhi e fatto scegliere la castità – cioè l’astinenza per Gesù – è stato l’aver identificato il desiderio omosessuale come un’offesa, una sofferenza e anche una violenza.
Tra un poco avrò 33 anni. Non mi definisco omosessuale. Sono Philippe, uomo e figlio di Dio. Ma il desiderio omosessuale esiste in me. Lo controllo, semplice. Non credo nell’amore omosessuale da gennaio 2011. E quindi, ho smesso anche con la pratica. Non sono più schiavo di questo desiderio. L’ho messo distante da me e lo spiego.
Perché la coppia omosessuale è il simbolo della sofferenza?
Per amare, c’è bisogno della diversità. La coppia omosessuale, qualunque sia, ha rifiutato la differenza dei sessi. Non è una differenza da niente. È ciò che si fa che esiste, che può far vivere nella coppia la complementarietà. La diversità dei sessi apre alla vita.
Dunque, ciò riguarda l’individuo, la coppia e la famiglia. La coppia omosessuale non vive questa alterità come fondamentale e felice. Ed è per questo che non si può dire che la coppia omosessuale sia una coppia come le altre.
Questo spiega perché Lei si oppone al matrimonio per gli omosessuali…
Si, come tutte le persone omosessuali! Ancora qualche mese e il matrimonio sarà agli occhi degli omosessuali la camicia di forza della borghesia che non si deve riproporre.
Perché c’è stata una propaganda demagogica del governo a cui si assiste ad un cambiamento degli omosessuali riguardo al matrimonio, che ha fatto credere alla maggior parte delle persone omosessuali che saranno valorizzate o riconosciute grazie al matrimonio stesso.
Un cambiamento troppo radicale per essere vero. Anche si ci daranno il diritto di sposarci, non vivremo la realtà del matrimonio. Un diritto non positivo che si adatta alla realtà della persona alla quale è data. La realtà del matrimonio, basato sulla differenza dei sessi e che porta alla procreazione, non corrisponde alla realtà della coppia omosessuale.
È una messa in scena! È una finzione amorosa e antropologica, poiché l’obiettivo è la procreazione. Ma, la vera libertà, non è avere una scelta, ma scegliere la migliore!
Testo originale: Pour aimer, on a besoin de la difference