Perche’ la chiesa cattolica e’ contro i gay?
Lettera e risposta tratta da Famiglia Cristiana n.30 del 25 luglio 2004
Scrive Corrado: «Perché la Chiesa si accanisce tanto contro di noi? Ho l’impressione che essa pensi più a bacchettarci che a ricordarci che Dio ama anche noi. Come tutti gli altri».
Caro padre, ancora una volta, santa Madre Chiesa ha voluto ribadire che alle coppie gay non dev’essere concesso alcun riconoscimento legale, per non minare l’istituzione della famiglia. Io ho 31 anni, sono un cattolico praticante, omosessuale.
Diversamente da altri, con me la psicologia non ha sortito l’effetto desiderato di cambiare la mia condizione. Almeno per adesso.
Non sono un sostenitore dell’orgoglio gay, perché l’orientamento sessuale non si sceglie. Ma, proprio per questo, ritengo che un omosessuale non dovrebbe essere messo nelle condizioni di doversi vergognare.
Non sono neanche favorevole che le coppie gay adottino bambini. Anzi, ritengo che sia un grave errore: per un corretto sviluppo psicosessuale, un bambino ha bisogno della presenza di un padre e di una madre, di una figura maschile e di una femminile. Nonostante ciò, non capisco l’accanimento (perché tale mi sembra) della Chiesa contro noi omosessuali.
Non ho un ragazzo, ma mi piacerebbe averlo, perché la solitudine sentimentale mi pesa. E mi causa sofferenza. Non so neppure se esista veramente l’amore tra due uomini, ma se un giorno dovessi avere un compagno, perché questa unione non dovrebbe essere riconosciuta dalla legge? Io non pretendo che sia equiparata al matrimonio eterosessuale.
E se un giorno io dovessi essere in ospedale o in fin di vita, perché il mio compagno non dovrebbe avere il diritto di farmi visita, anche se la mia famiglia d’origine non fosse d’accordo con le mie scelte di vita? Perché, in caso di morte, l’uomo con cui ho voluto trascorrere la mia esistenza non dovrebbe avere gli stessi diritti di ereditare i miei beni al pari di una moglie?
Un riconoscimento legale delle unioni gay, secondo me, sarebbe un modo per ribadire alla società che anche noi omosessuali siamo persone e, come tali, meritiamo il rispetto dovuto a chiunque.
Inoltre, non vedo come un eventuale riconoscimento potrebbe minare l’istituzione della famiglia: anche se la legge non riconoscesse la mia unione con un altro uomo, non sarà certo questo a rendermi eterosessuale, o a farmi innamorare di una donna e sposarmi con lei!
Pur essendo cattolico, devo dire che l’atteggiamento della Chiesa nei confronti di noi gay non mi sembra così caritatevole.
Al contrario, ho spesso l’impressione che essa pensi più a bacchettarci che a ricordarci che Dio ama anche noi omosessuali, perché siamo figli suoi. Al pari di tutte le altre persone.
Corrado
La risposta…
Tu esponi il tuo problema con toni pacati. Non aggredisci, non recrimini più di tanto, non accusi. Cerchi una risposta a una situazione in cui ti senti coinvolto in prima persona e che ti procura sofferenza. Non ho conclusioni da offrirti, ma ti invito a una riflessione.
Partiamo da due verità, che il cristiano ritiene certe. La prima è che ogni uomo "è fatto a immagine di Dio". Dignità, questa, che possiede in quanto persona, e che precede l’orientamento sessuale.
C’è un altro dato certo, fondato sempre sulla Scrittura: «Non è bene che l’uomo sia solo». Dio è venuto incontro a questa esigenza, creando per la sua creatura un "simile a sé", che è pari nella dignità, ma diverso nel sesso.
Quando queste due persone si mettono insieme, creano – è sempre parola di Dio – una relazione piena, che appaga il loro desiderio di vita, e che li mette in condizione di creare una storia che produce vita. Insieme diventano una risorsa umana rilevante per l’intera comunità. Tutto nasce dalla relazione tra uomo e donna, da un amore che ha il potere di generare altri amori, oltre a quello coniugale: l’amore parentale, quello fraterno e quello filiale.
L’amore omosessuale non ha questa ampiezza di vita. Si esaurisce nella relazione tra due persone. C’è, sì, la dedizione, l’affetto l’uno per l’altro, manca però la differenza di genere che fonda e permette di sviluppare una storia di vita, come nella relazione eterosessuale. È una relazione diversa, che ha la dignità di amore, ma è una storia più limitata.
E allora? Da queste premesse si possono trarre due indicazioni. La prima: la persona omosessuale, come tutti, sente il bisogno di uscire dalla solitudine. La parola di Dio, "Non è bene che l’uomo sia solo", vale anche per chi ha questa inclinazione.
Il problema nasce quando l’omosessuale incanala questo bisogno verso una persona dello stesso sesso. E così, pur appagando il suo bisogno di affetto, non realizza quella crescita personale e sociale che nasce, invece, dall’amore eterosessuale.
La seconda indicazione: da questa diversità nasce l’esigenza di creare una relazione diversa da quella eterosessuale, che sia proporzionata alla realtà della condizione omosessuale.
Qual è questa modalità? L’impressione che abbiamo è che, finora, le persone omosessuali non siano riuscite a creare un modello originale di relazione, corrispondente alla loro inclinazione. Mentre le persone eterosessuali hanno tracciato le caratteristiche della loro relazione e si impegnano, responsabilmente, a vivere in modo rispettoso, fedele, indissolubile, fecondo, aperto alla società… le persone omosessuali sembrano limitarsi a imitare alcune modalità dell’amore eterosessuale, e a trasferirle nel loro rapporto omosessuale.
La tendenza a modellare il loro amore su quello eterosessuale può manifestare un inconscio desiderio di tendere a questo modo di amare. Ma ripetere nella relazione omosessuale alcune modalità dell’amore eterosessuale è una forzatura.
È vero che l’uomo non può vivere solo, a meno che non abbia una vocazione particolare che viene dallo Spirito; ma è anche vero che quando due persone omosessuali creano un rapporto affettivo, devono restare nella realtà e nella verità del rapporto stesso, senza pretendere di voler imitare l’amore eterosessuale.
Si può anche pensare che la società possa dare un qualche riconoscimento alla cura che due persone omosessuali si prestano a vicenda, sollevando così la società da oneri particolari. Ma non si potrà mai pensare che a questa relazione si possa dare lo stesso riconoscimento dato al rapporto eterosessuale.
Che si prolunga nel rapporto di coppia e di famiglia. La ricchezza di vita che la relazione eterosessuale produce nelle persone e i benefìci che dona alla società non sono equiparabili alla vita e ai benefìci di una relazione omosessuale.
D.A.