“Cosa mi impedisce di essere battezzato?” (Atti 8,25-39)
Riflessioni bibliche di Megan Rohrer, David Wynn, Monica Cross e Jakob Hero tratte dal progetto Out in Season (Stati Uniti), del gennaio 2013, liberamente tradotte da Giacomo Tessaro
La tradizionale lettura evangelica per la prima domenica di Quaresima ci porta dal battesimo al deserto e poi fuori dal deserto (Matteo 4,1-11; Marco 1,12-13 e Luca 4,1-13). Immediatamente dopo il suo battesimo Gesù viene portato nel deserto, e poi inviato di nuovo nel mondo con una identità rinnovata.
In quanto esseri umani dobbiamo costantemente trovare nuovi modi di comprendere la nostra natura più autentica, per darle un nome e incarnarla.
Troveremo di dovere regolarmente ritornare alle acque per riscoprire che non siamo soli, che siamo con Dio. Entrando e uscendo dalle acque battesimali noi scopriamo la nostra vera identità.
La lettura per la quinta domenica di Pasqua (anno B) ci indica questa emozionante trasformazione, o più precisamente, questa scoperta della vera identità in Cristo. Atti 8,25-39 ci racconta la storia di una persona la cui realtà corporea e di genere lo rendeva oggetto di incomprensione e quindi di esclusione dalla vita religiosa. La Bibbia sceglie il termine “eunuco” per identificarlo. Pur vivendo in una cultura che lo considerava non pienamente umano, tanto meno figlio di Dio, egli cercava un collegamento con la comunità sacra.
Quando l’apostolo Filippo lo sentì leggere ad alta voce dal libro di Isaia, si offrì di aiutarlo a decifrare il testo. Filippo condivise con questo straniero la novella del suo cammino. Sentendo parlare dell’uomo di Nazareth che accettava i poveri, gli esclusi e gli incompresi, questo straniero chiese a Filippo se ci fosse qualcosa che gli impedisse di essere battezzato. Filippo non si preoccupava della forma o della funzionalità di ciò che stava nascosto sotto la veste dello straniero.
Non gli importava nulla della sua voce acuta o delle sue caratteristiche femminili. Non si preoccupava del fatto che gli altri potessero non volere che l’eunuco trovasse conferma agli occhi di Dio. Quello che interessava all’apostolo era che l’eunuco credesse con tutto il suo cuore. E così Filippo prese lo straniero e lo trasformò in fratello. Lo unse con acqua di vita e ambedue emersero nella gioia.
Forse Filippo fu in grado di guardare oltre l’apparenza esterna dell’eunuco perché ricordava che Dio ha modellato le nostre parti più intime (Salmo 138 [139]), conosce da dove veniamo, per dove passiamo e dove finiamo. Ricordiamoci anche che Dio non ha bisogno di un rituale per mostrarci che ci ama, perché questo è il compito della sua incarnazione in Cristo.
Tuttavia, in quanto esseri umani, talvolta desideriamo segnare i momenti importanti della nostra vita con dei rituali, avendo bisogno di qualcosa che ci ricordi, mentre decidiamo di dare un nome ai nostri corpi e di riprenderceli, che Dio è con noi e ci dichiara buoni. Dio, attraverso questi riti colmi di grazia, ci aiuta a scoprire la verità che abbiamo sempre conosciuto, pur nascosta e ridotta al silenzio per lungo tempo.
Testo originale: Out in Season