Seconda settimana del Sinodo dei Vescovi. I temi caldi: “dialogo islamico-cristiano e Bibbia”
Articolo di Giovanni Panettiere di Noi Siamo Chiesa – Emilia Romagna
Possono islamici e cristiani trovarsi insieme a discutere della Bibbia? Questo il quesito che ha tenuto banco nella seconda settimana del Sinodo dei vescovi in corso a Città del Vaticano (ndr dal 5 al 26 ottobre 2008).
Mercoledì 15 ottobre 2008, il cardinale Marc Quellet, relatore generale dell’assemblea, nella sua Relatio post discettationem – una sintesi dei lavori svolti dai padri sinodali nei primi dieci giorni dell’assise – ha proposto la convocazione di un Forum sulla Parola di Dio in cui cristiani e musulmani possano incontrarsi, discutere e meditare insieme.
“Il rispetto dei libri sacri – ha premesso il porporato – è il comun denominatore delle grandi religioni e importanti punti in comune rendono possibile e profittevole un dialogo con l’Islam, esso stesso radicato, in qualche modo, nella tradizione biblica”.
Tra questi elementi unitari spiccano “la resistenza alla secolarizzazione e al liberalismo, la difesa della vita umana e l’affermazione dell’importanza sociale della religione”. Nelle parole di Quellet la volontà di alimentare “un dialogo interreligioso aperto, ma vero, al riparo da discorsi accomodanti”. “E per questo – ha concluso – abbiamo suggerito l’organizzazione del Forum”.
Già nei giorni precedenti al discorso del cardinale Quellet, un altro principe della Chiesa, il cardinale Jean Louis Tauran, presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, aveva lanciato una proposta accattivante sul fronte del confronto fra le fedi.
Partendo dal presupposto che le religioni possono “imparare molto” le une dalle altre, Tauran aveva auspicato che “i futuri preti, religiosi e operatori pastorali siano formati alla lettura diretta dei testi fondatori delle altre religioni invece che accontentarsi di un commentario”. Allo stesso tempo “è altrettanto importante far conoscere la Bibbia ai nostri partner del dialogo interreligioso, in particolare il nostro approccio ermeneutico al testo sacro”.
Il tutto, però, senza “irenismo o sincretismo”.
Una precisazione severa che mette al bando – come è naturale – un approccio teso alla fusione tra le fedi, ma anche quella semplice tendenza a conciliare ideali o dottrine diverse. Per rintracciare un denominatore comune nelle differenze, in vista di un futuro di pace e rispetto reciproco, andando al di là delle derive integraliste.
La proposta del Forum cristiano-islamico suggerita dal cardinale Quellet, non ha, però, convinto tutti i padri sinodali. A fare opposizione gli esponenti del circolo minore di lingua spagnola – i padri nella prima settimana del Sinodo si sono divisi, su base linguistica, in commissioni e ognuno di questi circoli, a conclusione dei propri lavori, ha elaborato una relazione che è stata letta in assemblea – guidati da padre Julian Carron, presidente di Comunione e liberazione.
Un non placet motivato dal fatto che la Chiesa, nel suo confronto con l’Islam, deve considerare come nel mondo musulmano il diritto si identifichi con la sharia religiosa. Senza dimenticare la discriminazione delle donne nei contesti a maggioranza islamica.
D’accordo con gli ‘spagnoli’ anche il presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso Tauran: “Meglio allargare il Forum a tutte le fedi e non solo all’Islam”. A muso duro la replica degli esponenti musulmani in Italia: “Così si fanno prevalere interpretazioni basate su fatti di cronaca spiacevoli”, lamenta il numero uno del Coreis Yahya Pallavicini, mentre Mario Scialoja, rappresentante della Lega musulmana mondiale, ritiene che sia “eccessivo stoppare il dialogo sulla base di una diversa concezione dei diritti della donna”.
Anche perché su questo tema – conclude l’ex ambasciatore – “non si deve generalizzare. Nell’Islam esistono moltissime correnti e posizioni”. Con le più liberali che faticano ad arrivare sul proscenio internazionale, ostacolate come sono da un’immagine della fede musulmana greve e stereotipata.
L’altolà di Comunione e Liberazione al Forum giunge alla vigilia di un importante appuntamento sul cammino del dialogo fra Islam e cristianesimo: l’attesa conferenza in Vaticano, in agenda dal 4 al 6 novembre, tra gli studiosi islamici che hanno aderito all’appello ‘Una parola comune’ (la cosiddetta Lettera dei 138) e rappresentanti cattolici, tra cui lo stesso papa.
L’evento era stato presentato dalla Santa Sede come un momento fondamentale per tessere un nuovo legame tra Chiesa e Islam dopo la crisi provocata dal discorso di Ratisbona di Benedetto XVI. Non ancora del tutto sanata.
Se i rapporti tra islamici e cristiani non sono ottimi, non va meglio sul versante ebraico-cristiano: a guadagnare le prime pagine dei giornali la querelle sulla beatificazione di papa Pacelli.
Intanto, al Sinodo, il vescovo di Poznan – in Polonia, paese dove l’antisemitismo anche in ambito ecclesiale non è certo tramontato, come dimostrano le recenti polemiche sui contenuti dell’emittente radiofonica Radio Maria – monsignor Stanislaw Gadecki ha esortato i padri sinodali a “una peculiare attenzione al popolo ebraico per il superamento di ogni possibile antisemitismo”.
Anche perché l’ebraismo “è unico tra le religioni del mondo” e, come si legge nella dichiarazione del Vaticano II Nostra aetate, rappresenta “la radice dell’olivo buono”.
Sul fronte del dialogo ecumenico, invece, si registra lo storico intervento nella Cappella Sistina del patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I.
Primo ortodosso a parlare in cappella e a un Sinodo. Il patriarca nel suo intervento, introdotto da papa Benedetto XVI, ha lanciato un accorato invito per un impegno comune di tutti i cristiani e i credenti contro la povertà, il razzismo e il fondamentalismo.
“Come discepoli di Dio – ha detto Bartolomeo I – è oggi più imperativo che mai fornire un’unica prospettiva al di là di quelle sociali, politiche ed economiche sulla necessità di sradicare la povertà, promuovere equilibrio nel mondo globale, combattere il fondamentalismo o il razzismo e sviluppare la tolleranza religiosa in un mondo conflittuale”.
L’autorità spirituale ha anche espresso l’auspicio di arrivare un giorno alla piena unità tra ortodossi e cattolici, superando le attuali differenze e convergendo “pienamente sul ruolo della primazia e della sinodalità nella vita della Chiesa”. Chiesa di Roma e Chiese ortodosse sono divise dallo scisma d’Oriente del 1054.
Ma al Sinodo si è discusso anche del rinnovamento biblico nella Chiesa. Per monsignor Pierre Marie Carrè, arcivescovo francese di Albi, è ancora recente e poco assimilato. “Occorre – ha ricordato il pastore, presentando la relazione del circolo linguistico transalpino – che lavoriamo per far meglio conoscere il grande testo conciliare della Dei Verbum”. Attraverso semplici proposte “perché la Bibbia diventi il nutrimento spirituale di tutti i membri della Chiesa”.
Tra queste compare l’idea di utilizzare la tecnologia (internet e il lettore mp3) per facilitare la comprensione dei passi biblici più difficili. Oltre all’invito a promuovere maggiormente i pellegrinaggi in Terra Santa. Infine, il gruppo di lavoro francese ha espresso il desiderio che “le donne, specialmente le madri di famiglia, abbiano una formazione appropriata per essere strumenti della Parola”.
Proprio a proposito del ruolo della donna all’interno del popolo di Dio, nel corso della settimana si è avuta la protesta in piazza San Pietro delle femministe cattoliche aderenti a diverse sigle della galassia progressista, tra le quali Future Church e We are Church.
“Come Santa Teresa d’Avia – si legge in una petizione rivolta al Sinodo – chiedeva oltre 400 anni fa alla Gerarchia di smettere di ignorare le donne di talento semplicemente a causa del loro sesso, noi chiediamo ai delegati del Sinodo di riconoscere che la Bibbia stessa domanda una piena ed eguale partecipazione delle donne e che ogni altra interpretazione è errata e ingiusta”.
Pertanto, via libera all’ordinazioni femminili al diaconato, presbiterato ed episcopato. Ricordando che la Chiesa occidentale ha ordinato diaconesse, come attestato già da San Paolo, fino al VII secolo, mentre quella orientale fino al XIII. L’appello, pur se ha avuto una certa eco sui quotidiani – stavolta anche in Italia -, non è stato discusso dai padri sinodali.
In tema di eguaglianza nella Chiesa fra uomini e donne, è opportuno considerare come, su un totale di 78 fra esperti o uditori del Sinodo, solo 25 sono donne con la presidente dell’Unione internazionale delle superiore generali, Louise Madore, che partecipa all’assemblea come uditrice (senza quindi diritto di voto), a fronte dell’Unione dei superiori generali che, invece, elegge 10 membri votanti al Sinodo. Ergo, padri sinodali a tutti gli effetti.
A sorpresa, martedi 14 ottobre, è intervenuto all’assemblea sulla Parola di Dio anche Benedetto XVI che ha voluto ribadire – costituzione dogmatica Dei Verbum alla mano – i due livelli metodologici, quello storico critico e quello teologico, per una corretta esegesi delle Sacre Scritture. Perché non è sufficiente il metodo storico critico, occorre anche un’interpretazione biblica che tenga conto dell’unità sistematica della Parola di Dio, della viva tradizione della Chiesa e dell’analogia della fede.
Se, infatti, manca l’esegesi teologica, “la Bibbia diventa – ha ammonito il pontefice – un libro solo del passato. Si possono trarre da esso conseguenze morali, si può imparare la storia, ma il Libro come tale parla solo del passato e l’esegesi non è più realmente teologica, ma diventa pura storiografia, storia della letteratura”.
Come accade oggi con il cosiddetto mainstream dell’esegesi tedesca che nega, per esempio, “che il Signore abbia costituito la Santa Eucarestia e dice che la salma di Gesù sarebbe rimasta nella tomba. La resurrezione, poi, non sarebbe un avvenimento storico, ma una visione teologica”.
Questi i fatti principali della seconda settimana. Adesso il Sinodo entra nel vivo con l’attenzione che, in quest’ultimi giorni di assise, si sposta sull’elaborazione, da parte della commissione retta dall’arcivescovo Gianfranco Ravasi, delle Propositiones: il documento finale dell’assemblea. Un testo che servirà al papa per la stesura della sua esortazione apostolica post sinodale.
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