Don Marco Bisceglia. Tre vite in una, alla ricerca della verità
Articolo di Giovanni Rosa pubblicato su Il Quotidiano del 7 luglio 2013, p.34
Raccontare la vita (o le tre vite) di un uomo come don Marco Bisceglia non è stato certamente facile. Passato alla storia come il primo sacerdote ad aver celebrato delle nozze gay nella “tradizionalissima” Lucania, nessuno era riuscito (o nessuno ha voluto) raccogliere il materiale (effettivamente poco) che ruota attorno alla sua figura e farne una biografia.
Il primo merito che ha il libro di Rocco Pezzano “Troppo amore ti ucciderà” (EdiGrafema, 2013) è proprio questo: avere restituito alla memoria una vita che, pur nelle sue sfaccettature, ha fatto la “storia” – per molto tempo dimenticata – di un periodo.
Gesuita, operaio, animatore della comunità del Sacro Cuore a Lavello, contestatore delle gerarchie ecclesiastiche, l’allontamento dalla Chiesa, l’esperienza nell’Arcigay, la malattia e il ritorno.
Don Marco Bisceglia è stato tutto questo e molto di più e Pezzano, con il piglio del giornalismo di inchiesta, racconta la sua vita non solo servendosi delle fonti scritte (articoli di giornale, omelie o discorsi pubblici), immagini, ma anche attraverso il ricordo spesso “appassionato” di chi lo ha conosciuto da vicino.
Ne esce fuori uno spaccato di un periodo storico con le sue certezze vacillan- ti, le sue inquietudini, l’anelito ver- so libertà (volutamente senza arti- colo) che hanno fatto la storia dell’intero paese. Pezzano pur riconoscendo che la “la vita stessa di Bisceglia è un interrogativo” (pag. 193), attraverso un’ordinata ricerca delle fonti, cerca di comprender- ne le più intime sfaccettature e dar- ne una chiave di interpretazione per il lettore. La scrittura è agile. Non semplicistica. Da giornalista navigato. Il racconto, in alcuni ca-pitoli, è “partecipato”.
Come se l’autore fosse lì, in quella chiesa, in quella manifestazione, in quel circolo a gridare le ragioni di una li- bertà: “emaciata” per colpa di qual- cuno. E proprio verso quel “qual- cuno” che è rappresentato in diver- se parti del libro con “la Chiesa gerarchica”, che spesso Pezzano ha parole sferzanti e in sporadici casi – soprattutto nei confronti del vescovo Giuseppe Vairo – forse ingenerose.
Ma quello della contesta- zione dei preti è un tema assai dif- ficile da affrontare. E, pur nella sua “giusta distanza” da tutto ciò che è ecclesiale, l’autore riesce a ti- rarne fuori l’anima facendo emer- gere le inquietudini di quel tempo che attraversava la Chiesa.
Il volume, pur nella complessità di una figura fragile e carismatica, orgogliosa e testarda, amata e odiata come don Marco, parla di tre “vite”. La prima quella relativa all’esperienza del Sacro Cuore e della contestazione; la seconda quella dell’allontamento dalla Chiesa sfociata con l’esperienza romana, il coming out e la fondazione dell’Arcigay e la terza quella del ritorno in seno alla “Madre”. A fare da spartiacque tra la seconda e la terza è certamente la scoperta della sua malattia: l’Aids.
Di queste tre “vite” l’autore ne fa una ricerca continua verso la verità. Un anelito costante verso qualcosa o qualcuno dove l’a- more ha il ruolo di protagonista. Amore per la verità, dunque.
“La sua verità beninteso – scrive Pezzano nell’introduzione – che non è detto che sia la verità”. E questa ricerca affannosa di don Marco, l’autore la descrive con il giusto “pathos” e una coinvol- gente scrittura che ricalca, co- me una ballata rock, le fasi, a volte struggenti, della vita del sacerdote.
Il libro e tra quei volumi “necessari”. Non solo perché consegna alla memoria dei lucani – ma oserei dire – di tutti, la figura di un uomo la cui storia andava raccontata, ma per- ché lascia in chi lo legge una “scia” dalle interpretazioni molteplici. Una scia che parla di vita. Una scia che parla d’amore.
Quelle finte nozze gay celebrate in parrocchia
Quelle nozze passate alla storia come “il primo matrimonio gay d’Italia” in realtà non furono mai celebrate. Lo “scoop” de “Il Borghese” con i due redattori – Franco Jappelli e Bartolomeo Baldi – che nel 1975 si fingono omosessuali e si recano a Lavello per far benedire da don Marco Bisceglia il loro amore, ha invece tutto il sapore di un complotto ben organizzato per far allontanare lo stesso dalla guida della sua comunità.
Questi i fatti. Due uomini di 27 anni nel lontano 1975 si recano a Lavello. Vogliono parlare con don Marco. Lui li fa accomodare e iniziano a parlare. Raccontano al sacerdote la loro storia fatta di persecuzioni e rinunce, ma anche di amore e di affetto sincero. Chiedono a don Marco «un matrimonio di coscienza».
Don Marco non benedice nulla. Si limita a dire: «Se comunque il vostro è un problema di coscienza, posso rassicurarvi che il vostro rapporto è già un sacramento di fronte a Dio, in quanto vivificato dall’affetto».
Tanto è bastato per scatenare polemiche a non finire. L’articolo venne pubblicato. E per don Marco cominciano i guai più grossi che lo porteranno all’allontanamento dalla Chiesa e ad essere abbandonato da alcuni che, in quegli anni, condivideva le sue stesse battaglie.