Cosa dicono i genitori cattolici, i cristiani LGBT e i loro pastori quando parlano di omosessualità?
Riflessioni scaturite dal Laboratorio di discussione n.2, coordinato dai genitori Silvia e Andrea del gruppo Davide di Parma, all’incontro 3volteGenitori per genitori cristiani con figli LGBT, operatori pastori e cristiani LGBT (Firenze, 28 aprile 2018)
L’incontro 3volteGenitori per genitori cristiani con figli LGBT, operatori pastori e cristiani LGBT (Firenze, 28 aprile 2018) ha ospitato diuversi laboratori di discussione dove, divisi in 5 gruppi da 10/15 persone, i genitori cattolici con figli LGBT, gli operatori pastorali e i cristiani LGBT giunti da tutt’Italia si sono confrontati reciprocamente sulle seguenti domande: “Cosa possiamo fare come genitori, figli o operatori pastorali per combattere l’omofobia nella Chiesa?; Che aiuto ci aspettiamo reciprocamente dai nostri genitori, dai nostri figli o dai nostri pastori?”. Ecco alcune delle loro risposte.
– Attenzione ad usare il termine “omofobia” riferito alla chiesa o a parlare di omofobia nella chiesa. NON bisogna “dire in faccia” alla CHIESA che è “omofoba”: così facendo si irrigidisce e non dialoga più anche chi è aperto e disponibile al dialogo. Se siamo rispettosi e comprensivi nei confronti della CHIESA allora possiamo chiedere rispetto e comprensione.
Fondamentale è “costruire un ponte” e NON “innalzare un muro”! Concetto fondamentale: NON rispondere con la stessa moneta.
– E’ importante usare un linguaggio rispettoso, un tono pacato, un atteggiamento positivo non di critica e di ostilità : non vogliamo “combattere” o “contrastare” , vogliamo dialogare ed entrare in relazione: se si polemizza e si usano toni aspri , non avremo ascolto e accoglienza.
Nelle veglie per le vittime dell’omofobia è bello che si usi l’espressione “veglie per superare l’omofobia” anziché “contro l’omofobia”
– Una ragazza lesbica ha esplicitato il suo dolore per la mancata accettazione della sua identità omosessuale nell’ambito del gruppo di Rinnovamento dello Spirito che ha cominciato a frequentare ed in cui vorrebbe inserirsi: chiede aiuto per far si che possano comprendere e accoglierla al di là del suo orientamento sessuale.
– Premesso che la CHIESA “vede male” il mondo omosessuale, bisogna anche fare molta attenzione a non “tenere insieme” le diversità esplicitate dallo acronimo LGBT: Lesbiche Gay Bisessuali Transessuali, infatti ciascuna di esse è un mondo a sé stante con le sue compleesità e gradi crescenti di difficoltà per la CHIESA
La CHIESA va reimpostata sul piano pastorale; tuttavia NON si può più mediare su due tematiche:
a) L’omosessualità è una malattia;
b) L’omosessualità va curata con una terapia ripartiva.
Ancora, bisogna riprendere in mano (da sig.ra di Roma) il tema della sessualità più in generale; infatti oggi nella CHIESA assistiamo a due fenomeni divergenti:
a) indifferenza superficiale (coppie che hanno figli prima di sposarsi);
b) intolleranza bigotta (sulla vita sessuale degli omosessuali).
– Ancora il tema delle UNIONI CIVILI è stato uno evento molto positivo che farà fare grandi passi avanti alla società ed alla CHIESA italiana (nonostante la “destra politica” sia ancora molto omofoba).
Dai genitori mi aspetto tanto nell’accoglienza dei figli; Dai figli mi aspetto la bella qualità delle storie d’amore che vivono
– “Per contrastare l’omofobia mi aspetto dai FIGLI la VISIBILITA’ , il coraggio di vivere alla luce del sole il proprio orientamento e le proprie relazioni d’amore testimoniando stabilità e responsabilità. Sono certa che non sia facile e occorra un grande impegno e coraggio ma è anche indiscutibile che molti pregiudizi nascono dall’ignoranza e dalla totale mancanza di conoscenza del vissuto concreto delle persone”.
– Come genitori, è importante sviluppare e consolidare dentro di noi una immagine bella, positiva e felice dell’omosessualità a partire dall’immagine dei nostri figli che è un’immagine carica di amore di stima di benevolenza e bellezza , impegnandoci a rifletterla prima di tutto attorno a noi nel quotidiano, ovunque ci troviamo a vivere , nelle relazioni più immediate e viicine, in modo che poi possa contaminare tutta la società attorno.