Lesbica e cristiana. L’incontro tra la mia fede e la mia omosessualità
Però quest’apparente normalità socialmente accettata, conservava il segreto nel migliore dei modi, pagando per esso con una vita affettivamente molto triste. Mi trovavo davanti al primo grande bivio della mia vita: decidere di rompere definitivamente con quella perfetta vetrina di ragazza combinamatrimoni (ruffiana); con tutto quello che mi era costato avere un ragazzo, dopo un’adolescenza caratterizzata dall’essere costantemente presa n giro dai ragazzi a causa del mio sovrappeso. Beh, nonostante tutto… nel più profondo della mia anima sapevo che dovevo mettere la parola fine a tutto ciò. Una rottura imprevista, rapida e categorica, seguita da opportune vacanze che mi permisero di allontanarmi per qualche giorno.
Domande importanti
Avevo 22 anni e continuavo a domandarmi chi ero, che volevo fare della mia vita e che potevo fare con quei sentimenti che provavo verso le mie compagne di studio, di lavoro… e che mi confondevano, che mi facevano sentire diversa, strana… quei sentimenti confusi con ammirazione ed amicizia e che io riconoscevo perfettamente come amore vero e puro. Non potevo obbligare nessuno ad essere infelice e men che meno avevo il diritto di provocare una sofferenza permanente ad un uomo che mi amava, ma che io non sarei mai stata in grado di amare nel modo in cui aveva bisogno lui. La decisione della rottura significava lanciarmi nell’ignoto, in ciò che non si conosce, però… quella era la mia vita e dovevo viverla.
Mi sono sempre sentita protetta da Colui che mi ama e che non ha mai smesso di indicarmi la strada da seguire. Ancora una volta confidai in Lui. Mi guidò verso un provvidenziale autobus per casa mia, dove incontrai una sorella Teresiana.
Ho un debole per la comunità Teresiana. Fui educata in uno dei suoi istituti dall’età di 3 anni e lì conobbi e feci mio lo spirito Teresiano. Mi mostrarono anche il potere delle donne all’interno della chiesa, mi parlarono dell’importanza di Teresa che nemmeno per un momento dubitò nel seguire il suo cuore, nonostante le incomprensioni, le critiche ed anche le minacce dell’inquisizione.
Più in là avrei compreso come i pilastri femministi che in seguito avrebbero caratterizzato la mia vita erano nati durante quegli anni di educazione infantile e adolescenziale. Ero emozionata nell’incontrare qualche sorella per la strada, o in qualche città. E, naturalmente, cercavo di sedermici accanto e dirle con orgoglio che ero stata un’alunna della scuola.
In questo caso conoscevo bene quella sorella che tornava dalla capitale spagnola nella cittadina di Aljarafe, dove si trovava la scuola. La riconobbi all’istante e fui felice di rivederla dopo tanto tempo. Così il fatto di sedermi nel posto accanto a lei, vuoto, non mi fu per niente difficile. Parlammo durante tutto il viaggio. Le suore, e specialmente quelle giovani, hanno la particolare abilità di tirarti fuori tutte le informazioni che vogliono, con due o tre domande fondamentali. Inoltre io avevo bisogno di parlare, urlare tutto quello che avevo dentro. Naturalmente non lo feci, ma di sicuro si notò l’ansia che avevo di recuperare quella spiritualità dimenticata in un angolino nascosto della mia anima.
Avevo bisogno di ritornare in quell’edificio, di sentirmi protetta fra quelle pareti, e un giorno mi riproposi di andare a trovare una delle sorelle. Mi mancava parlare con qualcuno, uscire di casa, distrarmi. Dopo tanti anni di fidanzamento, dopo la rottura, a malapena uscivo ed iniziava ad essere pesante restare in casa per tutto quel tempo. Andavo a parlare con una professoressa che tornava a stare di nuovo a Siviglia; ma il Destino, quello che alcuni chiamano casualità e che a me piace chiamare Gesù, già tracciava i suoi disegni per condurmi dove voleva.
E, di nuovo, parlammo a lungo e prolissamente di me, dei miei ricordi teresiani, del mio attuale bisogno di Gesù…
Da novizia a religiosa
Nel corso della mia visita la segreteria ricevette una chiamata dell’ospedale: “Sorella Lourdes è morta”. Dopo una lunga malattia e un’ultima sofferenza dovuta ad un incidente. “Ora qualcuno dovrà occupare il suo posto” – questa frase, detta a caldo dalla morte, risuonò nella mia testa per tutta la strada di ritorno verso casa e durante i giorni successivi. Con tanta forza che mi portò, quasi senza rendermene conto, qualche giorno dopo, ad un colloquio personale con la madre provinciale, che mi accettò senza riserva fra le novizie.
Molte volte avevo valutato la possibilità di diventare una suora, sicuramente Teresiana, però vederla come una cosa reale nella mia vita… no, non lo avrei immaginato. Stavo vivendo così tanti cambiamenti che mi sentivo frastornata, ma allo stesso tempo immensamente felice, nonostante il salto nel vuoto fosse imminente.
Durante il mio breve ma intenso periodo di formazione religiosa (poco più di un anno), imparai ad usare gli strumenti fondamentali per riconoscere il potere della vita di comunità, l’intensità della solitudine in presenza di Colui che mi ama più di quanto io possa mai comprendere, la dolcezza dell’educazione fraterna che tanto mi costava accettare, la guida delle maestre…
Tutte cose che ricordo con molto affetto e, perché non riconoscerlo, anche con una certa nostalgia. Ricordo molto bene anche quell’emozione che riempiva la mia mente nell’incontrare quella sorella speciale che mi rendeva la donna più felice o più sfortunata della terra.
Cercavo costantemente il dialogo con lei, cercavo di avere gli stessi suoi turni, adoravo quando andavamo nella metropolitana, adoravo abbracciarla quando giocavamo le partite di pallacanestro e curarla quando era malata…
Lì scoprii che significava amare una donna e, sebbene non ci fu mai nulla di fisico fra noi, lei riuscì a far vacillare di nuovo tutte le fondamenta della mia “apparentemente convinta vocazione”. E fu così che arrivai al mio secondo grande punto di svolta: che fare della mia vita di fronte a questo nuovo bivio.
Accettare la mia omosessualità una volta per tutte e continuare a vivere in questa gloria permanente insieme ad altre donne, con la conseguente accettazione sociale ed il prestigio, o al contrario, tornare alle mie origini, dalla mia famiglia, accettando tutto quello che avevo scoperto su me stessa, affrontando tutto ciò dal punto di vista razionale, nella mia vita reale e senza sotterfugi? Nessuno meglio di me sapeva com’ero fatta e chi ero. Fin da molto giovane lo avevo percepito, però le dinamiche adolescenziali di ciascuno di noi ci spingono ad attuare comportamenti socialmente accettati e a pensare che siamo gli unici malati del mondo.
Però senza dubbio, con la ricchezza spirituale che stavo ricevendo da Lui, non potevo più chiudere gli occhi sulla mia realtà più profonda, ma pur sempre mia. Vissi notti di lacrime e sconcerto, perché non volevo lasciare quella casa che già consideravo mia, e men che meno separarmi da lei.
Però ancora una volta lasciai il mio destino nelle Sue mani. Qualche settimana dopo, la mia partenza sarebbe stata imminente. Fu molto doloroso andare via da quell’ambiente, pagai con molte lacrime il ritorno a tutto quello che avevo lasciato mesi prima. Durante i mesi successivi insistevo a continuare fuori con le stesse norme di dentro: orari di preghiera, lettura, silenzio…
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Scoperta di un mondo nuovo
Ripresi le lezioni all’università e alla fine iniziò l’anno accademico. Recuperai l’abitudine dello studio intenso e allargai la cerchia dei miei amici. Tra di loro conobbi Moli (potrei definirla la mia madrina nell’iniziazione al mondo lesbico), grazie a quel settimo senso che serve alle lesbiche per individuare altre donne come loro, che funziona sempre e ci fa avvicinare alle nostre simili con qualsiasi scusa.
Appunti mancanti, un seminario d’interesse comune, una giornata femminista… e alla fine una confidenza comune. Lei mi apriva le porte di un mondo nuovo che non credevo esistere: uscite, amicizie, prime relazioni sessuali, lesbiche chiaramente (con le etero, una mi era bastata)… e, poco dopo, un altro bivio: come rendere parte di tutto questo Gesù Cristo? Vita notturna, amore libero, uscire notte e giorno… questo significava essere lesbica? L’ateismo critico maggioritario che s’intravede fra le donne lesbiche e che fa parte di quell’indissolubile identificazione fede-istituzione-inquadramento politico tradizional-conservatore, iniziava a darmi di nuovo fastidio e a farmi sentire nuovamente un “animale raro”.
Com’era possibile che io fossi lesbica e cattolica, per esempio? Come potevo credere nell’amore per sempre? Come potevo pretendere la fedeltà fra donne se attorno a me c’era la libertà sessuale? Stavo chiedendo l’impossibile? Come potevano esistere tali incongruenze in me? “… però io esisto” – continuavo a pensare. Allo stesso tempo facevo in modo di evitare chiacchierate, discussioni o argomenti in cui il vangelo fosse chiamato in causa.
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Nuovamente ‘diversa’
E così, dopo aver ammesso di fronte alla mia fede che ero lesbica, mi toccava ora, partendo dalla mia identità sessuale finalmente accettata, rinunciare alla mia fede. Perché non volevo tornare a sentirmi umanamente sola. Tornavo ad essere una strana fra le lesbiche. Però… l’Amore con la maiuscola è più grande di tutto questo ed un giorno decisi che non avrei mai rinunciato alla mia fede!
Avrei continuato a cercare… avevo la certezza del fatto che, da qualche parte nel mondo, doveva esistere un’altra donna che pensava ed amava come me… Questi erano i miei unici strumenti di ragionamento logico. Stavo impazzendo e rimproveravo al Signore di avermi messa di fronte a difficoltà così grandi… che voleva da me ora? Prima mi fa allontanare da tutto per Lui. Quando mi abbandono fra le sue braccia, mi lascia capire che devo tornare, con l’accettazione della mia identità, alla realtà.
E quando torno al mondo, mi fa scoprire che con Lui non arriverò da nessuna parte, perché il mondo non lo conosce. Non mi piaceva affatto che giocasse con me in quel modo. Ero arrabbiata con Lui, anche se continuavo ad amarlo più di qualsiasi altra cosa. Erano quei momenti di solitudine e rabbia in cui a volte hai un secondo incontro con te stesso; ed è allora che Lui torna ad indicarti con luci al neon dove andare. Devi solo guardare e, se vuoi, seguire il cammino. Fu quello che feci. Mi lasciai condurre dallo sguardo di una donna straordinaria che mi rubò il cuore per sempre. Tornai a credere nell’amore per sempre e nella felicità. E mi passò per la testa anche l’idea di creare una famiglia con lei.
Alcuni mesi più tardi il caso mi condusse di nuovo alle teologhe femministe, in un festival di associazioni di donne. Un gruppo di donne audaci, valenti, gentili e credenti, che continuano a scommettere su una chiesa diversa e che lo dimostrano con le azioni.
Lì fu come essere una di loro e mi accolsero come tale. Dall’incontro sincero e la mano amica che cammina con te senza tollerarti, semplicemente amandoti per come sei. Poi arrivò “Nueva Magdala”, seme di un progetto comunitario, in cui condividere fede e vita omosessuale, di ritorno dalle innumerevoli peripezie affrontate a causa dei movimenti gay e lesbo pro laicisti che ostacolano le manifestazioni di fede delle donne lesbiche cristiane.
Dopo 41 anni di vita sulla faccia della terra, arrivò il momento in cui mi resi conto di essere sulla giusta strada. Credo che quello sia stato l’ultimo grande bivio della mia esistenza.
A partire da ora saranno curve più o meno strette, ma un unico destino: vivere lo Spirito di Gesù Cristo con tutta l’intensità e la coerenza di cui sarò capace, difendendo i valori di giustizia, solidarietà, famiglia (perché anche io credo nella famiglia, nella fedeltà, nei valori etici, ed alla fine ho potuto sposare la donna che riempie tutto il mio cuore e con cui convivo da 17 anni) e forse servendo da esempio per altre giovani cattoliche immerse in dilemmi simili a questo e che credono di essere diverse o malate, o così fanno loro credere inquadramenti politici o istituzionali antievangelici.
Perché sono sicura che Gesù non direbbe mai nessuna di quelle insensatezze con cui ogni giorno ci bombardano i mezzi di comunicazione e le tavole rotonde della famiglia. Mi rattristano e mi fanno arrabbiare le opinioni di cosiddetti esperti professionisti medici, psichiatri o psicologi (metto in dubbio la loro grande professionalità), quando sfornano soluzioni magiche per “curare l’omosessualità”. Signori, di che state parlando, per Dio? Si può curare il colore degli occhi, il colore della pelle, … ? No! Si possono usare lenti a contatto provvisorie, o usare degli impianti, però non si potrà mai smettere di essere come si è. Bene, sì.
Anche a noi resta l’opzione b. Ed è quell’opzione, accettata dalla maggioranza, di vivere la castità… o l’opzione c, che non è altro che sposarsi con un santo matrimonio eterosessuale e crearsi immoralmente una seconda vita nascosta e parallela (questo sì che si chiama coerenza e pratica dello spirito cattolico).
Da parte mia, io continuo a studiare teologia nella scuola EFETA e mi riprometto di fare della preghiera il pilastro fondamentale della mia fede e della mia vita. Continuo a credere che sia possibile che fede ed omosessualità coesistano. Mia moglie è la donna con cui desidero invecchiare. Il fondamento della mia vita è Gesù Cristo e dal momento che esisto e che sono frutto di questa dualità alla fine risolta, credo che sia possibile.
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* José María Rosillo Torralba è una psicologa, Educatrice sociale e studentessa di teologia.
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Testo originale: Relato de un encuentro…Integración fe-homosexualidad