Tra ipocrisia e compassione come far partire il dialogo tra omosessuali e la Chiesa cattolica
Articolo di Delia Vaccarello tratto da l’Unità del 3 gennaio 2010, p.37
Dialoghiamo: è l’invito per il 2011 rivolto dagli omosessuali credenti. Il rapporto Sos homophobie 2010 ha fatto il punto su religioni, transfobia e omofobia, e adesso è online nel sito di «Gionata».
Il bilancio è di un anno con qualche sorpresa, come l’approvazione in Italia, da parte del Sinodo della Chiesa Valdese, della benedizione matrimoniale per le coppie omosessuali.
Perché occorre superare le barricate? Perché, come ricorda l’indagine della associazione francese, «le religioni non sono entità monolitiche e la loro interpretazione varia in base alla società, al Paese, all’atteggiamento delle diverse autorità religiose, così anche omosessuali e trans cominciano ad essere accolti da alcune istituzioni religiose».
Quando non lo sono, i conflitti lacerano. Spesso gay e trans credenti sono persone divise tra «il loro credo, il peso della tradizione religiosa e la loro identità sessuale».
Dinanzi al rifiuto, può rafforzarsila tentazione, nonostante la fede, di voltare le spalle alla Chiesa. La Chiesa cattolica appare tra luci e ombre. Le gerarchie oscillano tra «compassione» e «ipocrisia».
Lo studio cita le posizioni assunte dal cardinale messicano Barragan (omosessuali e trans agiscono contro la dignità del corpo e commettono peccato) e quelle espresse a riguardo dal portavoce della Santa Sede, che ha ricordato il Catechismo della Chiesa cattolica in base al quale gli atti omosessuali sono «disordinati», ma poiché «un numero non indifferente di uomini e di donne presentano profonde tendenze omosessuali», costoro «devono essere accolti con rispetto, compassione e delicatezza».
Secondo Sos Homophobie, se la Chiesa Cattolica «sembra accettare le persone, per contro condanna gli atti, i comportamenti, e dunque i diritti degli omosessuali e dei trans».
RIPARTIRE DAL CONCILIO
Posizione che rischia di aprire ad estremismi: l’accostamento fatto dai seguaci tedeschi del vescovo Lefebvre di omosessuali e nazisti; il favore riscosso dalle terapie riparative che vogliono «guarire» i
gay.
Chiediamo a Giovanni Bachelet come si può costruire oggi il dialogo dentro la Chiesa Cattolica sul tema dei diritti di omosessuali e trans.
«La risposta apparirà evasiva, ma a me il problema pare piú generale: come costruire, o ricostruire, il dialogo nella mia Chiesa? Quando ero bambino il Concilio aveva rilanciato la corresponsabilità di tutti i battezzati (laici, presbiteri, vescovi) creando o valorizzando organismi collegiali e assembleari, dalle conferenze episcopali ai consigli pastorali.
Oggi questi organismi risultano spesso appassiti o trasformati in cinghia di trasmissione top-down delle linee stabilite dal vertice. Il dialogo può ripartire, anche in questo campo, dal Concilio».
L’America, dopo i suicidi di tanti adolescenti gay, sta reagendo. Secondo il gesuita James Martin è meglio dire a un gay «sei una creatura di Dio amata» piuttosto che «non devi fare sesso». In Italia è un’utopia?
«Non esageriamo. Qualunque cristiano, in Italia o all’estero, se non è matto, fa come il gesuita: “sei una creatura di Dio amata” è l’annuncio di Gesú a ogni uomo e viene prima di ogni precetto.
Ma poi i precetti arrivano. “Non devi fare sesso” vale anche per etero non sposati, e perfino sposati, quando non prevedono figli.
Finché nella Chiesa Cattolica non si riapre la discussione su questi precetti e sull’idea stessa di precetto, riscoprendo sant’Agostino (ama e fa’ ciò che vuoi), l’oscillazione fra ipocrisia e compassione è inevitabile e la serenità dei cattolici, etero o gay, è appesa all’incontro con qualche prete santo e in gamba; e ce ne sono ancora».
Nel nome del padre, dell’omofobo e del transfobo. Il Rapporto 2010 sulle religioni e l’omofobia