Come genitori cattolici con un figlio gay crediamo che un presidio contro l’omotransfobia sia necessario
Lettera al direttore di Avvenire dai genitori Giuliano e Giovanna Vallara di Parma
Gentile Direttore, le scriviamo come genitori cristiani di una persona omosessuale. Da quando nostro figlio ci ha confidato il suo orientamento viviamo nel timore che la sua vita possa complicarsi o che il suo lavoro possa essere messo in crisi.
La nostra esperienza ci porta a credere che qualunque pregiudizio si affievolisce quando “l’omosessuale” viene conosciuto come persona e non come categoria.
Nella nostra cultura il pregiudizio è ancora potente, ha radici antiche che affondano anche nella nostra religione, ma pensiamo che sia possibile arrivare ad una serena accoglienza se le persone omosessuali cesseranno di essere indicate, direttamente o a causa di circostanze che le riguardano, come una minaccia per la società.
Temiamo che la presa di posizione della CEI che, riguardo alla legge contro l’omofobia, paventa addirittura la possibilità di «derive liberticide», vada proprio nella direzione opposta, che rafforzi avversioni e pregiudizi che potrebbero far aumentare “comportamenti irrazionali e violenti”, come la Congregazione per la dottrina della fede sosteneva già nel 1986 nel suo documento “La cura pastorale delle persone omosessuali”.
Crediamo sia proprio necessario un presidio contro l’omotransfobia. Servirà a proteggere persone particolarmente fragili ed esposte alla cattiveria del mondo e a favorire il lento instaurarsi di un ambiente culturale che porti al riconoscimento della loro dignità di esseri umani, di cittadini, di figli di Dio.
Giuliano e Giovanna Vallara – Parma