La CVX e le sfide dell’amore: affettività, (omo)sessualità e discernimento
Testimonianza inviataci da Matteo Lecis Cocco Ortu della Comunità di Vita Cristiana (CVX) di Cagliari
Rientriamo da Catania dove la CVX Italia ha tenuto il convegno tematico riguardo “Le sfide dell’amore: affettività, sessualità e discernimento“. Un convegno particolare, organizzato dalla Comunità di Vita Cristiana (CVX) e che ha visto la partecipazione sia di membri delle comunità di tante città d’Italia (Cagliari, Milano, Bologna, Roma, Napoli, Reggio Calabria, Palermo tra le altre) sia di realtà ecclesiali locali di Catania e dintorni (capi scout, gruppi della parrocchia, responsabili della pastorale familiare, responsabili MEG) che hanno vissuto una partecipazione attenta, curiosa e appassionata nei tre workshop sulla sessualità e il magistero della Chiesa, sul discernimento delle situazioni “irregolari” (persone separate, divorziate, con seconde unioni) e sulle persone Lgbt+ e i nuovi percorsi ecclesiali in cui sono chiamati ad essere protagonisti.
Sono stati tanti i momenti che è stato bello vivere insieme, cominciati con l’arte di Raizes Teatro, ma ci tengo a condividerne due in particolare.
La relazione di Padre Giacomo Costa SJ – recentemente nominato segretario speciale dell’assemblea sinodale – che ha spiegato il senso e l’importanza del cammino del Sinodo dei vescovi che la chiesa mondiale sta vivendo per capire come stare come Chiesa in un mondo contemporaneo così “massificato” (con la complessità e le contraddizioni della nostra società in cui aumentano le disuguaglianze e in cui la massificazione ci schiaccia in un modello di sviluppo orientato esclusivamente al mercato) e “frammentato” (in cui le tensioni e le polarizzazioni sui grandi temi dividono la società), con la volontà di fare passi concreti e camminare tutti insieme.
La seconda relazione è quella di Padre Pino Piva SJ, gesuita che ha illustrato il senso dell’esortazione apostolica della Amoris Laetitia con cui il Papa ha indicato vie già possibili e necessarie per riportare al centro la persona e l’amore e fare in modo che nessuno sia escluso dalla comunità ecclesiale. Perché “se” sono chiamati alla pienezza della propria vita all’interno della vita della chiesa.
In questo anche le persone e le coppie omosessuali, transessuali e tutti coloro che vivono situazioni e condizioni che la dottrina ancora considera “irregolari”. Per la Chiesa principio non negoziabile è la persona umana, con il suo vissuto concreto, quotidiano: Gesù nel vangelo incontra persone che chiama per nome, non vede “casi”.
L’Amoris Laetitia assume il CAMMINO verso la pienezza della vita cristiana e invita a integrare tutti e aiutare ciascuno a trovare il proprio modo di partecipare alla comunità ecclesiale perchè tutti hanno il posto nella comunità e nessuno può essere condannato per sempre.
Questo convegno, ospitato nella Parrocchia del Crocifisso dei Miracoli è stata un’esperienza di chiesa aperta e accogliente, di comunità in cammino in cui si è sentita con forza la presenza dello spirito che ha risuonato nelle parole dei sacerdoti, delle guide, dei membri delle diverse CVX d’Italia e dei gruppi siciliani che hanno partecipato al convegno.
In particolare condivido quanto vissuto nel gruppo sui nuovi percorsi ecclesiali per persone LGBT+ in cui io e Mirko siamo stati invitati a testimoniare la nostra esperienza.
Da una parte i dubbi di chi conosce poco la realtà delle persone LGBT+ ma viene interrogato da giovani e giovanissimi che chiedono risposte (LGBT+ è un acronimo che racchiude persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e tutte le altre condizioni legate all’identità di genere e all’orientamento sessuale), dall’altra le paure, le ferite e le risorse di chi vive in prima persona questa situazione come singolo o come coppia, fino a conoscere le opportunità che una pastorale per persone LGBT+ può offrire alla Chiesa.
Credo che queste conclusioni di padre Pino Piva possano aiutare a capire il senso e l’importanza di lavorare in questa che ancora è vissuta come frontiera ma che – speriamo presto – possa essere vissuta con normalità come ho avuto la fortuna di vivere io.
“La pastorale con le persone LGBT+, lungi dal voler rivendicare una posizione di “nicchia” – i maliziosi direbbero “ghetto” – aspira ad essere integrata nella pastorale ordinaria; aspira a scomparire.
I cristiani LGBT+ attendono con ansia i tempi in cui non sarà più necessario aggiungere l’acronimo “LGBT+” per poter essere accolti semplicemente come “cristiani”, “figli di Dio”, con il loro orientamento sessuale, la loro identità di genere e la loro capacità di amare, come ogni altro; e questo nei gruppi parrocchiali, nelle associazioni cattoliche, nei servizi ecclesiali… come cristiani e basta.
I cristiani LGBT+ attendono con ansia i tempi in cui non ci sarà più bisogno di veglie di preghiera per le vittime dell’omo-trans-fobia; tempi in cui non ci saranno più queste vittime e non ci sarà più neanche quella sottile omofobia che li preferirebbe “invisibili”, anche nella Chiesa.
I cristiani LGBT+ attendono con ansia i tempi in cui i gesti di accoglienza del Papa e dei vescovi nei loro confronti non verranno più riportati dalle pagine dei giornali come gesti eccezionali (o riprovevoli) perché vorrà dire che saranno diventati gesti ordinari, scontati, quotidiani.
I cristiani LGBT+ sanno che questi sono anche i desideri della Chiesa nei loro confronti, e insieme si impegnano perché questi tempi giungano. I tempi di una Chiesa sempre in cammino per incarnare il Vangelo; i tempi di una Chiesa sempre più cattolica, e per questo veramente ecumenica; i tempi di una Chiesa sempre più sorella, amica e madre delle persone di questo mondo.
L’attuale Pastorale con persone LGBT+, con questi desideri, testimonia questa Chiesa, vive questa Chiesa, prepara questa Chiesa.”